“È facile capire perché gli uomini adorano le pietre.
Non è la pietra in sé, ma il mistero della terra, potente e preumana, che mostra la sua forza”
D.H. Lawrence

Vellano (Pescia) – Come suona la Pietra Serena: la cava Nardini di Vellano
Testo e registrazioni Stefano De Ponti
Fotografie di Andrea Berti e Francesca Lenzi
Che cos’è la pietra? Qual è il suo ruolo nell’universo armonico della natura? È una massa inerte o cela al suo interno trame segrete e meravigliose? La pietra è muta quanto immobile, oppure nella sua fissità risuona un’eco, un impercettibile fremito o cos’altro? La pietra è un segno, un mistero, è l’eterno e il vuoto, è ciò che esisteva prima della memoria e ciò che persisterà quando la memoria svanirà.
Se esiste, ed esiste, un’energia propulsiva ctonia, in questo luogo l’ho trovata.
La Pietra Serena e la Cava Nardini
La pietra serena, un’arenaria di colore grigio-azzurro, è stata ampiamente utilizzata nell’architettura rinascimentale fiorentina per dettagli architettonici e sculture. Se tagliato a una certa inclinazione, in una giornata limpida e soleggiata, un macigno di Pietra Serena può rivelare per un breve istante un riflesso di colore azzurro che in poco tempo si affievolisce fino a scomparire del tutto. Una qualità suggestiva quanto effimera, peculiare di questa pietra arenaria, che caratterizza il paesaggio dei luoghi in cui vivo.

La Cava Nardini è una storica cava di pietra serena situata a Vellano, una frazione del comune di Pescia, nella provincia di Pistoia, in Toscana. Questa cava rappresenta l’ultima attività estrattiva di pietra serena ancora operativa nella zona, mantenendo viva una tradizione secolare di lavorazione della pietra. Fondata da Germano Nardini, la cava ha prosperato nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale, contribuendo alla ricostruzione di infrastrutture danneggiate. Oggi, sotto la gestione del figlio Marco Nardini, la cava continua a operare, preservando le tecniche tradizionali di estrazione e lavorazione della pietra. Oltre all’attività estrattiva, la Cava Nardini ospita eventi culturali, come il Simposio di Scultura che si tiene nei mesi di luglio e agosto, attirando artisti da tutto il mondo.



Ed è stato in qualità di spettatore al Simposio del 2019 che è cominciata la mia frequentazione con le persone e i luoghi della cava e in quel contesto anche la mia personale indagine intorno alla Pietra Serena.
Ha avuto così inizio “La natura delle cose ama celarsi”, un percorso di ricerca tutt’ora in essere che rievoca nel nome un celebre frammento di Eraclito e che negli anni ha visto il coinvolgimento di Tempo Reale, NUB Project Space, Radio Papesse e Archive Officielle, nonché il susseguirsi di numerosi artisti e collaboratori che hanno partecipato in modo attivo alle sue varie declinazioni.
I materiali audiovisivi qui presentati sono stati scelti e realizzati coerentemente con le modalità di indagine che caratterizzano questo percorso sin dall’inizio, attraverso un ascolto discreto ma profondo, l’accettazione rilassata degli accadimenti con l’obiettivo di far dialogare visioni poeticamente personali con indagini metodologiche ed estese sul campo.
Cava Nardini, Cimento
Azione per corpo, respiro, macigno in Pietra Serena e microfoni
27 ottobre 2021, tra le 15.20 e le 16.35
Microfoni utilizzati: Oktava MK-012-01 MSP2, omnidirezionali montati su asta; Soundman OKM II In- Ear, montati all’interno di un macigno di Pietra Serena; due speaker posizionati nello spazio.
Nota è la meraviglia e lo stupore provati da molti tra gli artisti di fronte alle rocce, ai monti, ma non così spesso ci si è posti in silenzio di fronte alla pietra, tantomeno dentro, per leggere e farsi leggere dalla sua voce, in ascolto del suo apparente interminabile silenzio. Anche una qualsiasi pietra, abbandonata nel fango senza ordine, in maniera addirittura disarmonica, ha la sua struggente bellezza. Essa è là, sottratta al tempo della storia. Le pietre vivono, si ammalano, invecchiano e muoiono. Le pietre tagliate crescono. Le pietre si coprono di figure. In esse, è nascosto l’enigma insondabile del tempo. Una poetica del sottosuolo che induce alla contemplazione di un mondo sepolto sconosciuto che non si lascia catturare nelle trame del pensiero discorsivo. Un mondo materico, sommerso, che va necessariamente indagato con strumenti poetico-immaginari.
Cimento è il risultato di una visione divenuta oggetto prima e atto performativo poi. La pietra come tana, come dispositivo di ascolto e la cava come cassa di risonanza. L’oggetto di indagine che si fa esso stesso primo indagatore di chi lo vuole ascoltare. Un dialogo (im)possibile attraverso un contatto tra carne e pietra, sublimato dal respiro e dalle riflessioni dinamiche delle risonanze innescate.





Nel segno di questo contatto è possibile cogliere il segreto ordine delle cose e attraversare anche l’anima di ciò che è sepolto, ascoltare la voce dei colori, percepire la luce dei suoni, approssimarsi alla dimensione del sacro, che si muove, si trasforma nei grumi della terra, nel dialogo silente tra le rocce e le nuvole, negli abissi del sottosuolo e nella infinità del cielo. Pietre come ancore, per non perdere il contatto con il sé, con la materia, con un fluire del tempo che non è più.
Cava Nardini, un momento qualsiasi
29 marzo 2025, tra le 11.40 e le 12.00
Microfoni utilizzati: Oktava MK-012-01 MSP2, omnidirezionali montati su asta; Soundman OKM II In- Ear, montati su una testa in polistirolo recante un paio di cuffie realizzate in Pietra Serena
“[…] e nella loro forma troviamo, da una parte, la parvenza di un’intenzione e di un’azione che le avrebbero plasmate al modo in cui sanno farlo gli umani, e dall’altra l’evidenza di processi a noi vietati e impenetrabili. […] Ascolta questo rumore fine che è continuo e che è il silenzio. Ascolta quel che si ode allorché niente si fa udire.”
P. Valéry



Un momento qualsiasi, scelto come il più prossimo possibile alla data di pubblicazione e registrato attraverso due punti di ascolto opposti per posizione e tecnica di ripresa: nel primo il macigno più alto del cumulo posto al centro della cava, su cui sono stati posizionati i microfoni omnidirezionali rivolti a ovest verso la vallata e montati su un’asta ad un’altezza pari alla mia statura; nel secondo caso una testa binaurale “preparata” posta a terra, nella zona più bassa degli scavi e rivolta verso la parete della collina a est.


Senza editing né ulteriori interventi di post-produzione, le due registrazioni fotografano due immagini peculiari e speculari dei piani sonori del luogo, durante un’azione quotidiana da parte di chi il luogo lo abita e ci lavora.